“Carezza, staccare la spina, riorganizzazione flessibile, tempo liquido, contatto con sé stessi, ricchezza e nuove opportunità, approfittare della lentezza”
Queste sono alcune delle frasi con le quali è terminato il secondo webinar che le psicologhe del servizio L’Incontro di Spes contra spem, hanno svolto lo scorso 8 maggio e dedicato a chi lavora in strutture residenziali. Uno spazio per chi quotidianamente si prende cura dell’altro e che sente il bisogno di fermarsi, costruire un pensiero, un dialogo con chi fa lo stesso lavoro, con chi ogni giorno, dall’inizio del lockdown, si trova a far fronte a cambiamenti continui, paure, dubbi, rabbia.
Oggi vi racconto questo Dialogo
Emozioni
“Mi sono sentita in colpa, sentivo che stavo abbandonando i miei colleghi. Mi sono ritrovata a piangere…dovevo prendermi cura di me” Parla così una delle partecipanti, raccontando la difficoltà e le paure; dall’inizio del lockdown ha iniziato ad avere paura di poter essere fonte di contagio, sia per le persone con cui lavora, sia per il figlio, tornando a casa, perché quel 9 marzo ha portato con sé tante paure, per la popolazione in generale, ma soprattutto per chi lavora in strutture sanitarie e socio assistenziali, che si è trovato a dover tutelare le persone di cui si prende cura, oltre che sé stesso e la propria famiglia. E allora, i partecipanti hanno parlato soprattutto di incertezza, impotenza, paura e rabbia. L’incertezza per quello che ogni giorno può accadere –tutti potrebbero essere potenzialmente infetti. Io, i miei colleghi, gli ospiti/pazienti della struttura; l’impotenza di fronte a qualcosa su cui apparentemente non si ha alcun potere- Mi sono sentita in balìa degli eventi, delle scelte della direzione e del Governo, in balìa del prossimo decreto-La paura che potesse accadere qualcosa- E se fossi io stessa a portare il Virus? Cosa posso fare per evitarlo?– La rabbia verso la situazione- E con chi me la prendo per tutto questo?
Cambiamento che destabilizza
“E ora che facciamo?”
Per chi lavora nelle strutture residenziali, l’arrivo del virus e la chiusura di tutto, ha portato ad un cambiamento significativo: l’impossibilità di proseguire un dialogo con l’esterno, intendendo con questo la possibilità per gli ospiti e i pazienti di poter uscire e di poter ricevere la visita dei familiari. Raccontarlo alle persone è stato complesso, così come ai familiari. Ha significato, per chi lo ha vissuto, una rottura della relazione, da un giorno all’altro, che ha destabilizzato ed ha richiesto una riorganizzazione: ed ecco che sono iniziate le videochiamate con gli operatori di centri diurni, amici e familiari, trovando così un nuovo senso a quanto stavo accadendo. Quella rottura si è piano piano trasformata in una nuova opportunità.
Ma accanto a questo, c’è anche il tema della perdita. Alcuni partecipanti ci hanno, infatti, raccontato quanto anche il tema dellamorte si sia modificato per due motivi: da una parte perché anche solo dover comunicare la morte di un parente, ad un paziente/ospite, è stato più complesso. Ma anche perché alcuni operatori sanitari si sono trovati di fronte ad una morte solitaria di alcuni pazienti, non potendo avere accanto i loro parenti. Il concetto di lutto si è, quindi, amplificato, come se la perdita fosse sentita due volte.
Ri-organizzarsi
“Vivere questa situazione ci ha fatto accorgere di quante risorse abbiamo”. Perchè è proprio questo che accade spesso nelle situazioni di emergenza: per difenderci, tiriamo fuori risorse che non pensavamo neanche di avere e che ci permettono di ri-organizzarci, di trovare soluzioni, di dare un senso a quanto sta accadendo. Gli operatori di una casa famiglia per persone con disabilità della provincia di Roma, ci hanno raccontato di come, dal giorno dopo l’inizio del lockdown, hanno provato a riorganizzare la quotidianità di chi vive in casa, e di conseguenza del loro lavoro:
- Trasformare le attività esterne in attività interne, attraverso laboratori portati avanti dagli stessi operatori in casa, attività a distanza con videochiamate ecc
- Ricerca e strutturazione di spazi individuali per gli ospiti: il lockdown, ha significato anche una perdita della propria individualità in quanto ha richiesto la convivenza 24 ore su 24 con i propri conviventi e con il proprio “compagno di stanza”. Importante è continuare a garantire degli spazi di individualità ad ognuno, strutturando le attività tenendo conto di questa esigenza
- Creatività, nel ri-organizzare la quotidianità del proprio lavoro.
- Confronto in equipe e supervisioni con uno psicoterapeuta
Quanto introdotto, ha sicuramente aiutato le persone che vivono in casa famiglia ma non solo. Una programmazione del lavoro, aiuta anche l’operatore che può così prendersi cura dell’ospite in un contesto più “sicuro” e strutturato, nonostante la fase di emergenza.
E cosa succederà adesso che è iniziata la Fase 2?
Probabilmente andremo incontro ad un nuovo cambiamento e ad una nuova riorganizzazione. Gli operatori saranno probabilmente chiamati ad accompagnare, questa volta con un movimento inverso a quello precedente, ovvero dall’interno verso l’esterno, le persone di cui si prendono cura. Accompagneranno a nuove emozioni nel poter rivedere i propri familiari e, perché no, a mantenere anche nuove modalità introdotte con la pandemia. Alcuni partecipanti ci hanno, infatti, raccontato che alcuni degli ospiti stanno già mostrando prime difficoltà all’idea di “uscire fuori”, come se ne fossero spaventati.
Cosa importante sarà che l’operatore continui a prendersi cura di sé, cercare spazi oltre quelli lavorativi. Spazi di ascolto, di supervisione individuale, di “svago”, inserendo in agenda, in maniera strutturata, una attività extra lavorativa in base ai propri interessi e passioni. Assicurarsi uno spazio altro è fondamentale sempre, ma ancora di più in situazioni di questo tipo.
Un operatore che si prende cura di sé, è un operatore che sarà in grado di prendersi cura dell’altro.
Il prossimo webinar, sarà il 5 giugno alle ore 17.00.
Elisabetta Centonze
Psicologa psicoterapeuta
Servizio “L’Incontro” di Spes contra spem