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L’arte di ridare significato a una casa

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A L’Approdo arrivano ragazzi adolescenti da diversi parti del mondo e, quasi sempre, da condizioni di vita estreme. Non parlano la stessa lingua, non condividono la stessa cultura e spesso hanno gusti nettamente diversi nel mangiare, nel vestirsi, nel comunicare. L’unica cosa che hanno in comune è di essere stranieri in terra straniera, strappati alle proprie radici e privi del supporto della propria famiglia.

Ovvio che all’interno della casa possano nascere attriti anche accesi, con qualche piccolo danno collaterale, come un piatto rotto o una porta ammaccata. Sono giovani (di più, sono adolescenti!) pieni di energie che sta agli educatori della casa saper smussare e veicolare nella giusta maniera.

Katia Moro, da poco entrata nel mondo di Spes contra spem come volontaria e fresca di un diploma in Arteterapia, si è gettata senza troppe esitazioni in questo impegno.

“Mi considero una persona fortunata. Dopo il Liceo Artistico, ho trovato subito un lavoro e ho potuto coltivare anche la mia passione per la fotografia. Oggi studio per laurearmi in Psicologia e nel frattempo ho studiato arteterapia per tre anni. Appena ho potuto, mi sono offerta come volontaria presso le case famiglia di Spes contra spem perché ho sempre pensato di voler dare qualcosa in più agli altri”.

Alla fine del 2017, Katia è entrata nella casa famiglia L’Approdo, che accoglie adolescenti, per lo più stranieri, che hanno bisogno di costruirsi un futuro qui in Italia anche se privi del fondamentale supporto familiare.

Dopo aver vissuto per qualche tempo le tensioni piscologiche tra i ragazzi della casa famiglia, Katia ha realizzato che la fantasia e la creatività potessero aggiungere colori positivi alla vita quotidiana.

Senza obbligare nessuno, la volontaria ha iniziato a riparare alcune delle porte danneggiate della casa, chiedendo ai giovani ospiti se volessero aiutarla a ridecorarle, con fantasia e tanti colori.

“Alcuni hanno subito accettato con entusiasmo – racconta Katia – mentre altri si sono limitati a osservare, peraltro animati da una certa curiosità. Alla fine tutti i ragazzi si sono fatti coinvolgere e mi hanno chiesto un consiglio su come ridecorare alcune elementi della loro stanza”.

Al di là dei risultati artistici, il contribuito di Katia è stato soprattutto quello di spingere gli adolescenti de L’Approdo a dare il proprio contributo personale alla casa che li stava accogliendo e che forse ora stavano vivendo di più in prima persona.

“L’arteterapia – spiega Katia – non impone regole accademiche ma spinge a lasciarsi andare, ad esprimere la proprio indole, i propri disagi e i propri desideri, attraverso le forme e i colori, in qualcuno modo il proprio estro personale decida di tirarli fuori. Per questo non ho mai voluto indottrinare questi ragazzi, ma li ho spinti nella direzione in cui essi stessi volevano andare. Li ho lasciati sbagliare, sperimentare, criticare il proprio lavoro e gioire per il risulto finale”.

Il vero risultato è stato quello di fare in modo che gli abitanti de L’Approdo si siano presi cura in prima persona della casa famiglia che li ospita, sentendola così più casa e più famiglia.

Se, come Katia e gli altri volontari di Spes contra spem, scrivi a volontariato@spescontraspem.it o chiamaci al 327.143.5928

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