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Servizio civile: lettera aperta da l’Approdo

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Cari futuri e future volontari/e del Servizio Civile,

abbiamo iniziato il nostro Servizio Civile nella case famiglia “L’Approdo” e “Semi di Autonomia” senza troppe pretese, per fare un’esperienza, con la paura di sbagliare e la voglia di poter aiutare. Il primo periodo lo abbiamo dedicato all’osservazione, dandoci il giusto tempo di conoscere le case, le regole e i ragazzi, per effettuare un graduale inserimento all’interno di quella quotidianità. Entrare a contatto con i ragazzi non è stato facile e immediato, a causa soprattutto delle differenze caratteriali e culturali di ognuno. Sono ragazzi complessi ed estremamente ricchi da un punto di vista umano, con storie di vita completamente diverse dalle nostre. Tutto questo provoca in loro continui sbalzi d’umore, portandoci a convivere con tanti tipi di emozioni: rabbia, dolore, disagio, gioia, felicità.

Ci sono stati giorni difficili e altri più sereni, alcuni episodi da dimenticare, altri da ricordare per sempre. Passo dopo passo abbiamo iniziato a creare la nostra relazione con loro, che è la base più efficace per costruire un rapporto significativo e di fiducia. Ci sono ragazzi con cui è stato più facile comunicare, scambiarsi idee, emozioni, desideri e bisogni, altri con cui è stata più utile la comunicazione non verbale o il silenzio, inteso come pratica che consente l’ascolto e la comprensione, per dedicare tempo all’altro e prestargli attenzione.

Essere presenti per loro è molto importante. Diventi la persona alla quale si affidano, alla quale decidono di aprirsi sui propri problemi e sui propri stati d’animo. Riuscire a stabilire un aggancio forte con loro è il primo obiettivo per iniziare una relazione significativa, cercando di capire le richieste del ragazzo, guidando ma non forzando, consigliando ma non obbligando, concentrandosi sulla comprensione dei loro reali bisogni.

Questa esperienza ci ha permesso di conoscere i meccanismi interni che fanno girare il mondo delle Case Famiglia. Oltre ad aver acquisito conoscenze, informazioni e contenuti di tipo teorico, ci ha dato l’opportunità di toccare con mano questo ambiente, ci ha fatto capire la difficoltà e la complessità del lavoro dell’educatore, e ci ha offerto la possibilità di conoscere ragazzi con storie di vita impensabili e che lottano ogni giorno per cercare di dare un senso alla propria vita. Abbiamo capito che dietro ogni ragazzo c’è una storia importante, c’è un mondo che è frutto delle proprie esperienze di vita, di emozioni, sentimenti, relazioni e fallimenti. Questo ambiente offre la possibilità di scegliere, di cambiare, di provare a vivere in modo diverso.  È un’opportunità di riscatto.

Una delle difficoltà più grandi che abbiamo incontrato è stata quella di mantenere la giusta distanza, un l’equilibrio tra coinvolgimento emotivo e distacco. Non lasciarsi coinvolgere eccessivamente dalle situazioni vissute dal ragazzo non è semplice perché vengono chiamati in causa aspetti personali che riguardano l’emotività e l’affettività. È una realtà che ti chiede continuamente di metterti in gioco, che ti dà l’opportunità di riflettere su te stesso, di conoscere i tuoi limiti, di porti delle domande, di confrontarti e di vedere modi di vivere differenti rispetto a quelli a cui sei abituato. È stata un’esperienza che ci ha fatto crescere, formativa, lavorativa, ma soprattutto di vita.

Siamo consapevoli che le esperienze cambiano al cambiare delle persone e che non potranno mai essere uguali a sé stesse. Nel ripensare al nostro percorso, abbiamo tuttavia individuato dei nodi centrali che ci hanno guidato nel lavoro all’interno dei servizi e che pensiamo sia utile approfondire per raccontare quanto abbiamo appreso da questa esperienza e per fornire una sorta di “libretto di istruzioni” ai nostri successori.

 

ENTRARE IN PUNTA DI PIEDI

La prima cosa che si deve tenere a mente è che stiamo entrando nella vita quotidiana di diverse persone, sia in quella di un’equipe di lavoro di professionisti che lavorano da tempo in questo ambito, sia in quella degli utenti che vivono nella struttura. La cosa fondamentale è entrare in punta di piedi, rispettare gli spazi altrui e il fatto che, almeno all’inizio, siamo degli sconosciuti che si troveranno a passare molto tempo con loro. È importante osservare molto, imparare a conoscere le abitudini e il carattere di ognuno, prima di imporre il proprio, e capire quali sono le regole della struttura per evitare di inviare messaggi contrastanti. Lasciatevi incuriosire da tutto ciò che vedete e fate molte domande. Le informazioni che mano a mano raccoglierete saranno fondamentali per costruire relazioni affidabili e durature o, quanto meno, per capirci qualcosa nei momenti critici. Prima che ve ne accorgiate, entrerete a far parte delle loro vite e della loro storia ed è importante farlo con rispetto.

 

ATTENZIONE ALLE DIFFERENZE

I ragazzi ospiti della casa famiglia hanno spesso origini culturali diverse: possono convivere persone di cultura islamica, africana, dell’est Europa, rom, italiana e così via. Ogni appartenenza culturale avrà diverse implicazioni e richiederà diverse attenzioni, che vanno dal preoccuparsi di cucinare pasti che tutti possano mangiare senza sentirsi offesi, al capire che ognuno di loro ha un’idea diversa di come si debba comportare un uomo o una donna. Quando si parla di obiettivi di integrazione, la prima cosa da ricordare è il rispetto della cultura altrui: è importante parlare delle differenze, non imporre le proprie idee, per quanto strane e assurde possano sembrare quelle dell’altro.

 

IL KIT DELLE COMPETENZE: AL PRIMO POSTO, LA PAZIENZA

Quelle culturali, poi, non sono le uniche differenze di cui bisogna preoccuparsi. Capirete ben presto che ogni ragazzo ha un proprio carattere e, se con uno sarà più facile intavolare una conversazione, con un altro sarà altrettanto utile rispettarne il silenzio o lo scarso interesse nei vostri confronti. Non basta essere armati di buone intenzioni per essere accettati. Le relazioni devono essere costruite nel tempo e sarà quindi fondamentale portare nel proprio kit di competenze tanta pazienza (che non sarà mai troppa!).

 

METTERSI IN GIOCO

Importante è non credere che il ruolo di volontario o la propria formazione esauriscano il senso del vostro stare nella struttura. Spesso sarete provocati dai ragazzi, che ci terranno fin da subito a mettere in chiaro che, finché non dimostrerete il contrario, voi non siete che persone di passaggio per loro. Per le storie di vita che li hanno portati ad essere accolti in una casa famiglia, spesso sono diffidenti nei confronti delle persone. Cercheranno di tenervi a distanza o di manipolarvi per ottenere qualcosa (che sia anche solo attenzione), ma non prendetela sul personale: quello è il loro modo di testare i vostri limiti e di capire se siete interessati a stare con loro.

Mettetevi in gioco, sfidate le vostre convinzioni continuamente e divertitevi a ideare nuovi modi per stare con gli altri ed essere utili al servizio. Con il tempo, vi ritroverete ad essere parte integrante del gruppo e a condividere giochi e risate con tutti. Diventerete dei “tuttofare”: passerete dal fare l’aiuto-compiti al cuoco, dall’imbianchino al traslocatore, all’amico, all’educatore… Ogni cosa troverà il suo senso nel lavorare tutti per degli obiettivi comuni: stare bene insieme e aiutare dei ragazzi che hanno avuto esperienze difficili ad essere autonomi e ad integrarsi.

 

IL COINVOLGIMENTO EMOTIVO

Per quanto si parta con il buon proposito di mantenere dei limiti e di non farsi troppo coinvolgere a livello personale, questo sarà il compito più difficile da portare avanti nel corso dell’anno di servizio civile. Vi arrabbierete, sarete tristi, felici, proverete affetto, delusione, preoccupazione, paura, e a volte sarà difficile non portarsi a casa queste emozioni e lasciarle “sul posto di lavoro”. Queste emozioni sono il segno che state costruendo relazioni vere e significative con i ragazzi e questo è fondamentale perché anche loro possano crescere insieme a voi e sapere che non state lì solo perché dovete. Tuttavia è importante tutelarsi e non farsi travolgere da queste emozioni, imparate a riconoscere i vostri limiti e fare in modo che siano rispettati dagli altri. Anche questo fa parte della reciproca conoscenza ed è utile metterli in chiaro fin da subito.

 

LAVORARE IN ÉQUIPE

Come già accennato, entrerete a far parte di un’équipe di lavoro: prendere insieme le decisioni e discutere su proposte e sull’andamento dei ragazzi è un aspetto fondamentale affinché il servizio sia efficiente e coerente nei suoi obiettivi. Ogni dubbio che avrete su come gestire una situazione e ogni difficoltà che incontrerete, ricordatevi che non siete soli in questo percorso, ma che avete accanto a voi sia gli altri colleghi del servizio civile sia un gruppo di lavoro esperto con cui confrontarvi e supportarvi. Ogni cosa nuova che imparate sui ragazzi trattatela come un’informazione utile per tutti.  Il vantaggio di avere “occhi nuovi” è quello di cogliere aspetti che per stanchezza o pregiudizi dovuti ad esperienze passate si tendono a non notare, ma che col tempo potrebbero tornare utili.

 

Siamo consapevoli dell’essere ben lontani dall’aver acquisito tutto quello che bisogna sapere per essere preparati a tutto quello che può accadere in questa esperienza, ma a fronte di queste poche indicazioni (che magari contribuirete ad integrare) crediamo che la voglia di mettersi in gioco e di divertirsi, l’essere curiosi e attenti a condividere gioie e dolori con il gruppo di lavoro, siano molto più importanti di qualsiasi manuale, quindi godetevi il viaggio e in bocca al lupo!

 

Francesca, Fabio, Sara, Rosa, Giulia e Lorena

 

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