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Nuovo DAMA al S.Maria di Terni: filo diretto con i pazienti con disabilità

Nella foto: la dott.ssa Agnese Barsacchi, responsabile servizio infermieristico, tecnico,riabilitativo, ostetrico (S.I.T.R.O.) dell' Ospedale s.maria di Terni.

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Anche il S.Maria di Terni entra a far parte del progetto DAMA e lo fa in grande stile attraverso il suo Centro Accoglienza Disabilità (CAD).  La funzionalità del CAD ruota intorno a un numero telefonico unico – l’800 505083 (attivo dal lunedì al venerdì, dalle 9.30 alle 13.30) – che accoglie le richieste, programma il giorno e l’orario migliore per l’assistito, organizza in un’unica data tutte le visite, gli esami e le terapie, mettendo a disposizione un’équipe multidisciplinare dedicata e garantendo, quando necessario, carrozzine, accompagnatori e tutte gli strumenti di facilitazione per l’accesso alla struttura sanitaria.

 

Nella foto: la dott.ssa Agnese Barsacchi, responsabile servizio infermieristico, tecnico,riabilitativo, ostetrico (S.I.T.R.O.) dell’Ospedale Santa Maria di Terni.

 

Dietro questo sistema c’è da una parte la lungimiranza della dirigenza sensibile e pronta all’innovazione, e dall’altra una compagine di associazioni e cooperative sociali decise a stimolare e supportare l’azienda ospedaliera nelle scelte da fare.

Tra cui la nostra Spes contra spem e l’umbra “Aladino Onlus”, associazione fondata da genitori di ragazzi con disabilità.

Fabio Pieroni è uno di questi genitori, padre di una ragazza di 22 anni con una disabilità intellettiva che, in assenza di servizi e personale dedicati, vive in maniera problematica l’accesso ai servizi sanitari ospedalieri di cui ha bisogno (e ai quali ha diritto).  A lui chiediamo di raccontarci di come sia nato il CAD di Terni e delle difficoltà che può risolvere.

L’OSPEDALE CHE VORREI: UNA SFIDA DA RACCOGLIERE

Tutto è cominciato da un incontro dal titolo ‘L’Ospedale che vorrei’, voluto proprio dal DG dell’Ospedale, Maurizio Dal Maso, che il 7 marzo 2017 presentava alla cittadinanza i cambiamenti organizzativi che voleva introdurre nell’ospedale S. Maria. Noi ovviamente abbiamo colto l’occasione di questi cambiamenti preannunciati per proporre un modello di organizzazione che prevedesse anche l’accoglienza e la presa in carico di persone con disabilità complessa cognitivo – relazionale.

Per questo siamo arrivati a organizzare, nell’ottobre dello stesso anno, un convegno su più larga scala,  “L’Ospedale che ci piace”. L’evento è stato un successo, grazie anche alla partecipazione di persone meravigliose come Filippo Ghelma, responsabile del primo DAMA d’Italia presso l’ospedale S.Paolo di Milano,  Nicola Panocchia, coordinatore scientifico della Carta dei diritti delle persone con disabilità in ospedale e Luigi Vittorio Berliri, Presidente di Spes contra spem onlus e primo promotore della Carta. Il convegno ha rappresentato una spinta importante alla creazione di un DAMA presso l’Ospedale di Terni.

Il DG Maurizio Dal Maso si è mostrato molto sensibile alla problematica e, proprio in tale ottica, otto specialisti, tra personale medico e infermieristico, sono stati inviati nella vicina Toscana per seguire il programma di formazione PASS (Percorsi Assistenziali per i Soggetti con bisogni Speciali) diretto dalla ineguagliabile dott.ssa Eluisa Lo Presti.

A questo punto il personale specializzato c’era, come anche la disponibilità della dirigenza e le capacità organizzative dell’Ospedale: come per magia (anche se alimentata soprattutto dalla buona volontà delle persone) il CAD di Terni è divenuta una splendida realtà.

 

Ma quali sono le problematiche principali da affrontare in Ospedale quando il paziente ha delle disabilità fisiche e/o mentali? Cosa cambia con il CAD?

 

ACCESSO ALLE CURE MEDICHE: UN’ATTESA SENZA USCITA?

“Sappiamo tutti come funziona il triage di un Pronto Soccorso – ci spiega Pieroni – e tutti cerchiamo in genere di avere pazienza, a meno che non si tratti di un codice rosso. Ma per una persona con disabilità intellettiva, anche solo un’ora di attesa può essere una fonte di stress tale da renderla totalmente inaccessibile a qualsiasi tipo di approccio da parte del medico, anche se preparato adeguatamente, al momento della visita. Ecco perché è necessario che un ospedale sia in grado di organizzare un percorso preferenziale per questi pazienti che, in caso contrario, rischiano di essere totalmente escluse dalle cure sanitarie”.

 

 

L’ECOGRAFIA? SI PUÒ FARE ANCHE IN PIEDI

“Rendere un Ospedale adatto ad accogliere pazienti con disabilità – continua Pieroni – non richiede costi economici ma, diciamo, piuttosto uno sforzo in termini di mentalità. Gli operatori sanitari, infatti, dovrebbero sempre cercare di adattare le proprie conoscenze professionali al paziente che ha davanti. Per esempio, se un paziente non vuole stendersi sul lettino per un’ecografia, l’ecografia si può tentare di farla anche in piedi. Aggiungo poi una considerazione sul concetto di “aspettativa di vita” che la letteratura medica tende ad applicare ad alcune patologie complesse (che riguardano diverse problematiche fisiche unite a deficit cognitivi e comportamentali): la vita media di molte di queste persone potrebbe allungarsi notevolmente se potessero accedere più facilmente alle cure mediche di cui hanno bisogno, cosa che spesso è preclusa dall’incapacità dei servizi ospedalieri di prenderli in carico in maniera personalizzata”.

 

 

“BUONGIORNO, SONO UNA PERSONA CON DISABILITÀ E HO BISOGNO DI CURE”

“Può sembrare strano – ci spiega Pieroni – ma l’aspetto più innovativo del CAD non è solamente la possibilità di pianificare le visite specializzate, gli esami e le terapie in maniera personalizzata. Ciò che rende speciale il Centro Accoglienza Disabilità è la possibilità che viene data al genitore (o a chiunque ne faccia le veci) di presentare preventivamente tutte le problematiche della persona con disabilità di cui si prende cura, le difficolta di relazione, le paure, ma anche le tattiche migliori che il personale medico potrà usare per avvicinarsi ed eseguire un esame o una terapia. Questo permetterà di aumentare la possibilità che la visita vada a buon fine con minore stress da parte del paziente. Il CAD è soprattutto un canale di comunicazione privilegiato con cui l’Ospedale riesce a farci sentire meno soli, noi e i nostri figli”.

 

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