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La prima notte a CASABLU

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25 ANNI
La casa famiglia Casablu, oggi.

La prima notte a CASABLU

 

27 Luglio 2000, la prima notte in casa famiglia. Il primo turno, in assoluto, tocca a me. Esiste sempre un “anno zero”, un “giorno zero”. CASABLU, dopo essere stata a lungo sognata, progettata, costruita, apre i battenti. La casa famiglia per persone con gravi disabilità è pronta. Noi pure.

Nessuno mi conosce, e io non conosco loro se non per quel poco che si può sapere da pacchi di cartelle cliniche e progetti che la Asl ci ha mandato da leggere. Ma in una cartella clinica non si può riassumere una persona!

Alle 22.00 si va tutti a dormire. C’è chi vuole una camomilla, chi una carezza.

Poi, si addormentano tutti: Emilia, Maria Grazia, Tiziana e Roberto.

Alle 4.00 del mattino Emilia mi chiama: «Vitto’…». Entro nella sua stanza e trovo l’inimmaginabile. Aveva bisogno del bagno.

Emilia non vede, ha un ritardo cognitivo piuttosto importante. Usa le mani per vedere, per capire, per ascoltare. Con una carezza ti scruta il viso e dal tono della voce che hai riesce a comprendere il tuo stato d’animo. Riconosce le persone a cui vuole bene dal rumore dei passi, dall’odore o da una semplice parola.

Ma quella sera non conosceva nessuno e non conosceva la casa. Non sapeva dove era la porta della camera e dove il bagno. Per arrivarci sarebbe dovuta andare a tentoni.

L’ha fatta al centro della stanza.

Poi con le mani per terra, a tastoni sulla parete, fino alla porta. Poi le mani sul viso, sul pigiama, sulle lenzuola. Tutto sporco, ovunque.

«Ora da dove comincio?» pensai. «Emilia siediti qui, aspetta». Presi una bacinella con l’acqua tiepida, due asciugamani e tanti stracci. Le lavai il viso e le mani. L’accompagnai in bagno. Lavai la sua stanza da cima a fondo. Lenzuola, pavimento, pareti, porta. Temevo di ritrovare lo stomaco fuori dalla gola, ma non andò così.

Con tenerezza riaccompagnai Emilia a dormire e le diedi un bacio sulla fronte.

Dopo un incontro così “ravvicinato” ci sono solo due possibilità: fiducia e amicizia o repulsione e fastidio.

Emilia, e non solo lei, ha un posto speciale nel mio cuore (e credo io nel suo!). A quel primo giorno ne sono seguiti tanti altri. Oltre cinquemila notti (per fortuna, non tutte così!). 

Quei giorni del 2000 sono stati giorni pieni di doni, di persone che ci hanno permesso di preparare tutto questo: i nostri donatori. Gli stessi che ogni giorno ci permettono di arrivare a fare quel che facciamo. Se non ci fosse stata una comunità di amici che si è rimboccata le maniche per aiutare, tutto questo oggi, semplicemente non sarebbe. 

Al tempo, ho avuto la faccia tosta di chiedere aiuto (ce l’ho ancora!). Chiedevo aiuto per un sogno, per un volto. Quello di Emilia, di Maria Grazia, di Tiziana, di Roberto.

La casa famiglia oggi si è riempita di volti, alcuni non ci sono più, altri ne sono arrivati.

Sono profondamente grato a chi quei primi giorni scelse di credere in quel sogno. Sono profondamente grato oggi a chi scegli di credere nei volti, quelli delle tante persone che oggi vivono in casa famiglia.

Luigi Vittorio

(presidente di Spes contra spem)

 

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