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Una casa per i soggetti fragili: inaugurato l’immobile di Autonomia e CoAbitazione

Un altro bene confiscato alla criminalità organizzata di Roma è stato trasformato in un progetto sociale

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Succede tra Serpentara e Bufalotta, nel Municipio Roma III. Qui un immobile confiscato alla criminalità organizzata è stato destinato al progetto Autonomia e CoAbitazione promosso dal Municipio III in seno al Tavolo di coprogettazione sulla CoAbitazione tra Servizi Sociali Municipali, ASL, Terzo Settore, associazioni di volontariato, e gestito dalla Cooperativa sociale Spes contra spem.

L’immobile, consegnato sei mesi fa, è stato inaugurato ufficialmente il 10 gennaio 2024 da Paolo Marchionne Presidente del III Municipio di Roma e da Tobia Zevi, Assessore al Patrimonio e alle Politiche Abitative.

Coabitazione come finestra sulla città. Aprirsi al “fuori” e sentirsi coinvolti come cardine delle emozioni

“Dal terrazzo dell’appartamento si vede un bel pezzo di quartiere. Frenetico, caotico e distratto – spiega Federico Feliciani, responsabile del progetto Autonomia e CoAbitazione – Quando abbiamo iniziato ad esplorare con loro, le coabitanti, i desideri e le fantasie sulla nuova casa, l’immagine su cui c’è stata convergenza immediata è stata una finestra aperta sulla città. In un primo momento mi ha stupito: ero ingenuamente convinto che dovesse emergere un’immagine più rappresentativa di calore, di accoglienza, di protezione. Solo poi ho sentito che tutto questo è anche nell’immagine della finestra, implicito, ed è la condizione necessaria perché la finestra sia aperta verso un fuori di opportunità e futuro, finalmente.

Il quartiere, frenetico, caotico e distratto, è punteggiato di tutti quei volti che abbiamo incontrato durante il progetto e che la loro finestra sulla città possono ancora solo immaginarla”.

Riuscire a cogliere i piccoli progressi di ogni giorno senza visione d’insieme: il racconto dell’educatore

“Uno tra i tanti aspetti complessi nella professione delle relazioni di aiuto è non riuscire a percepire in tempi brevi il risultato del lavoro che quotidianamente si svolge – spiega Sara Lilli, Educatrice coinvolta nel progetto – Talvolta ci vogliono anni e ciò, in alcuni casi, comporta l’avvilimento del professionista. Per fronteggiare questa difficoltà ci vuole sicuramente consapevolezza al riguardo, perseveranza, bisogna credere e amare ciò che si fa.

Veder trasformati in breve tempo i piccoli gesti, le riunioni, il continuo pensare e ripensarsi, il lavoro di rete, l’informarsi progressivo e le azioni, in qualcosa di concreto restituisce la vitalità e l’energia necessarie per continuare a mettercela tutta in un progetto che è appena iniziato e che desideriamo veder crescere per poter osservare la serenità e la voglia di ricominciare percepita nelle tre donne beneficiarie, anche in molte altre persone future beneficiarie del servizio”.

Gesti semplici quotidiani condivisi alla base della costruzione del rapporto: il punto di vista dell’operatore sociale

“Il mio è stato un impatto emotivo molto forte mi sono trovata di fronte realtà di cui sapevo dell’esistenza ma con cui non avevo mai dialogato” racconta Enrica Angelico, operatore sociale di Spes contra spem.

“Ho trovato umanità, dignità, arroganza e tutto quello che si può avere da un incontro con persone di qualsiasi tipo.

E ho capito che esiste una società parallela dove i vissuti sono diversi e viziano i comportamenti… però le dinamiche e i comportamenti sono umani sempre in qualsiasi contesto si trovino.

Abbiamo poi cominciato il percorso con Maria, Nunzia e Roberta (nomi di fantasia a tutela della privacy, ndr).

Inizialmente con timidezza e anche un po’ di diffidenza, poi col tempo alcuni nodi si sono sciolti davanti a un caffè e in un negozio scegliendo il tagliere migliore. E così è nata una relazione che sta procedendo lentamente ma con reciproca stima e con voglia di crescere e dare corpo a qualcosa che fino a qualche mese fa era ipotetico; invece si è concretizzato in poco tempo e devo dire che ha stupito tutti compresa me”.

 

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